Efesto, il dio Greco del fuoco, della metallurgica, delle fucine, dell’ingegneria e della scultura. Uno dei 12 grandi dei dell’Olimpo, figlio di Era e Zeus secondo Omero, opera della singola Era secondo Esiodo.
Contraddistinto da una disabilità ai piedi che li faceva apparire storti e lo rendeva zoppo, Efesto è stato descritto come un dio dotato di metis¹, un’intelligenza paragonabile solo a quella di Atena.
Le sue sgradevoli fattezze furono la causa, in alcune versioni della storia, della sua espulsione dall’Olimpo da parte della madre. In altre versioni, invece, fu Zeus a ferire gravemente il figlio lanciandolo dall’Olimpo, quando, durante un litigio con Era, Efesto prese le difese della madre.
Efesto finì nell’oceano e venne soccorso dalle dee del mare Teti ed Eurinome che lo portarono nell’isola di Lemnos dove venne allevato dalle ninfe marine Nereidi. Elle gli insegnarono l’arte metallurgica e rapidamente Efesto si rivelò un artigiano di grande talento.
Desideroso di vendetta, Efesto mette ad uso il suo dono per punire la madre, le costruisce un bellissimo trono dorato e glielo consegna all’Olimpo. Meravigliata dal dono, Era accetta, ma non appena si siede sul trono ci si ritrova ad esso legata da forti corde trasparenti. Nessun dio poteva spezzarle, ed Efesto tornò a Lemnos abbandonandola, come ella aveva fatto con lui.
Gli dei reclutarono Dioniso, promettendogli l’entrata nell’Olimpo se gli avesse riportato Efesto. Dioniso fa ubriacare il dio artigiano e lo riporta sull’Olimpo a cavallo di un mulo. Efesto accetta di liberare Era a patto di essere riconosciuto come dio, diventando uno dei grandi 12 dei dell’Olimpo.
Figura 1: Dioniso riporta Efesto all’Olimpo a cavallo di un mulo. I piedi sono rappresentati girati all’indietro. Dioniso di fronte a lui tiene in mano una coppa di vino. (525 a.C.) – Kunsthistorisches Museum a Vienna
Efesto è un membro attivo nell’Olimpo, la sua maestria supera quella di qualsiasi dio e viene spesso raffigurato accompagnato da una doppia ascia, un martello ed altri attrezzi.
Egli produce e distribuisce oggetti di preziosa manifattura, quali l’armatura di Achille, il pettorale di Ercole e le catene che legano Prometeo. È stato partecipe alla nascita innaturale di tre personaggi della mitologia greca: Pandora, Erittonio e la Dea Atena.
Secondo il mito, Zeus ingoiò la sua prima moglie Metis, incarnazione di saggezza e furbizia, quand’ella era incinta. Dopo averla ingerita un fortissimo dolore lo afflisse alla testa. Per liberare il dio dei lampi da quell’insopportabile sofferenza, Efesto aprì la testa di Zeus con un’ascia. Questa azione rilasciò Atena, dea dell’intelligenza e della saggezza.
Atena ed Efesto sono a loro volta la causa della nascita di Erittonio, venuto al mondo dal seme caduto di Efesto nel tentativo di violentare Atena.
L’ultima, Pandora, viene creata come punizione per gli uomini, per essere entrati in possesso del fuoco rubato da Prometeo. Sotto ordine di Zeus, Efesto modella in creta una donna dalla bellezza ammaliante che avrebbe portato sulla terra una scatola di infinite sofferenze.
Efesto viene escluso dagli altri dei dal combattimento, ma non è esonerato dalla partecipazione alla guerra, per cui costruisce armi e scudi. Dai racconti greci Efesto viene frequentemente deriso dagli altri dei, le sue relazioni sessuali incontrano spesso notevoli difficoltà, “giustificate” dal suo aspetto poco gradevole.
Eppure, dalle rappresentazioni letterarie e visive è possibile osservare che la disabilità è vista come la rappresentazione fisica del suo potere superiore da artigiano.
L’Efesto dell’Iliade è accompagnato da assistenti ed utilizza un bastone per aiutarsi a camminare.
Nel fregio del Partenone, Efesto è rappresentato con una stampella sotto al braccio.
In molti casi, essa era lasciata implicita, se non in scene in cui la sua deformità influiva il corso del racconto, come ad esempio le rappresentazioni del suo ritorno all’Olimpo. Per questo lo si può vedere anche rappresentato che cammina direttamente sul piede deforme.
La sua disabilità non viene rappresentata come statica ma cambia nel tempo e nel contesto.
LA DISABILITÀ NELL’ANTICA GRECIA
È importante tenere a mente che il mondo mitologico non rispecchia i valori della vera società greca. Ma ciononostante, i due condividono alcune similarità.
Per quanto riguarda la Grecia antica, la vita dell’epoca era costantemente soggetta ad agenti che potevano causare qualche tipo di malattia, o circostanze che potevano risultare in una disabilità temporanea o permanente, come ad esempio la guerra o le epidemie.
Nelle aree urbane maggiormente popolate, le acque contaminate da rifiuti organici umani facilitavano la diffusione di malattie, come la meningite e il morbillo, che spesso risultavano in deformità permanenti. La malnutrizione è un altro fattore che diminuiva le difese immunitarie e rendeva la maggior parte della popolazione sensibile ai virus.
Per questi motivi, i soldati, gli schiavi e le persone di basso ceto sociale erano i più esposti a deformità ed infortuni.
Nonostante la visibile presenza di individui disabili avrebbe potuto indicare una possibile normalizzazione del fenomeno, il credo e valori religiosi impedivano tale sviluppo. Secondo i principi antichi, bellezza e salute dimostravano integrità divina, mentre deformità e “bruttezza” l’esatto opposto.
Secondo lo studio “The Eye of the Beholder: Deformity and Disability in the Graeco-Roman World” di R. Garland, la disabilità congenita era il risultato di una punizione dagli dei per le proprie trasgressioni o quelle dei genitori, oppure il simbolo di un’imminente sventura.
Solo una piccola percentuale di bambini nati con disabilità congenite riusciva a sopravvivere l’infanzia. Ad Atene, in cui la figura di Efesto era più riconosciuta, non c’erano leggi che impedivano la cura degli infanti malati o ne costringevano l’abbandono. Ma nonostante questo la pressione ad eliminare il bambino era alta, soprattutto quando non poteva essere impiegato nel lavoro e quindi sostenere la famiglia.
Se dovessimo trovare un aspetto un po’ più positivo, Aristotele afferma il desiderio di impedire alle famiglie di crescere figli con deformità, possibile prova che l’abbandono spesso non veniva considerato.
L’unica società che provvedeva ai suoi cittadini poveri e disabili un sistema di supporto monetario fu proprio lo stato di Atene. La legge prevedeva che a coloro che possedevano meno di tre miani² ed erano incapacitati di provvedere per sé stessi venivano consegnati due oboli2 al giorno.
The Council inspects those who are disabled. For there is a law which bids those who possess less than three minai and who are incapacitated and incapable of work to undergo inspection by the Council, which is to give them two obols per day each at public expense. There is a treasurer for this group who is elected by lot. – Contitution of Athens (49.4)
Coloro che erano dotati, invece, di talento ed agilità, sebbene disabili o deformi, avevano l’opportunità di trovare impiego nel mondo dell’intrattenimento come pagliacci, danzatori, giocolieri o musicisti. In alcuni casi i ciechi, poiché si credeva che fossero dotati di immaginazione superiore, venivano portati sulla strada della poesia.
Il lavoro pesante era un’opzione aperta a tutti, non casualmente Efesto è l’unico dio con un lavoro manuale e simbolo della metallurgica.
La maggior parte dei disabili, però, dipendeva dalla carità e benevolenza delle proprie famiglie, mentre gli anziani erano protetti da una legge che assicurava loro cibo e rifugio. La vecchiaia, che prevedeva anche il sorgere di malattie, era considerata un passaggio naturale dell’esistenza umana.
(Sparta? Una storia molto diversa, ma ne parleremo più avanti.)
Con l’articolo di oggi ho voluto costruire un quadro basilare sul contesto culturale e storico della Grecia Antica, concentrandomi sullo stato di Atene fra il 700 e il 480 a.C. Consiglio caldamente la lettura della seconda edizione di “The Eye of the Beholder: Deformity and Disability in the Graeco-Roman World” di R. Garland e i volumi citati nelle fonti. Inviate una mail a sistemabile@gmail.com se volete riceverli in PDF.
NOTE
1 metis, da non confondere con la dea Metis, è la ragione nel caos, l’intelligenza che risolve i problemi con l’ingegno.
2 valuta del tempo.
FONTI
- R. Garland, The Eye of the Beholder: Deformity and Disability in the Craeco-Ro man World, 2nd ed. (Ithaca 2010).
- Sneed, D. (2018). The Life Cycle of Disability in Ancient Greece. UCLA.
- Millett-Gallant, A., & Howie, E. (Eds.). (2022). Disability and Art History from Antiquity to the Twenty-First Century (1st ed.). Routledge. https://doi.org/10.4324/9781003048602
- Penrose Jr., W. D. (2015). The Discourse of Disability in Ancient Greece. Classical World, 108, 499-523.
https://doi.org/10.1353/clw.2015.0068 - Hedreen, Guy. “The Return of Hephaistos, Dionysiac Processional Ritual and the Creation of a Visual Narrative.” The Journal of Hellenic Studies, vol. 124, 2004, pp. 38–64, https://doi.org/10.2307/3246149.
- Detienne, M., & Vernant, J.-P. (1978). Cunning intelligence in Greek culture and society. Hassocks [England: Harvester Press.
- Dolmage, Jay. “‘Breathe upon Us an Even Flame’: Hephaestus, History, and the Body of Rhetoric.” Rhetoric Review, vol. 25, no. 2, 2006, pp. 119–40, http://www.jstor.org/stable/20176710. Accessed 4 May 2022.
- Ugolini, Simona. (2014). L’atteggiamento della cultura greco-romana nei confronti della disabilità: agli antipodi della nostra ‘inclusione’.
Nora
23enne con crisi esistenziali. Ho fondato Sistemabile ed il collettivo FromTheOthers con la voglia di condividere la cultura disabile con la mia generazione e alla disperata ricerca di una comunità. Laureata triennale in Lingua e Cultura della Corea a Ca’ Foscari.